ANTONIO RAIMONDI
Celebre esploratore e naturalista milanese
Il destino di Antonio Raimondi si decise un giorno che egli si trovava nella serra dell’Orto Botanico di Milano. Si procedeva al taglio di un gigantesco cactus peruvianus che, alzatosi come un mostro fino al tetto, si stendeva lungo una gran parte di esso, sostenuto da corde. La mutilazione di quel cactus gigante, una delle sue piante predilette, causò al giovane studioso un certo rincrescimento, quasi si trattasse di un essere animato e sensibile. Quella strana circostanza fece nascere in lui il desiderio di conoscere il Perù, patria di quel cactus.
Più tardi, Antonio Raimondi, ripensando al Perù, paese poco noto per la vastità e varietà del territorio, decise di partire per esplorarlo e per studiare sul posto i suoi prodotti naturali.
Si procurò libri e strumenti per approfondire le proprie conoscenze sul paese, poi avrebbe iniziato il lungo viaggio per attraversare l’oceano. Non furono che propositi. I moti del 1848 lo sorpresero. Sebbene preso dall’amore per la natura, non rimase indifferente a quanto gli accadeva intorno. Combattè sulle barricate, mise a repentaglio la vita per la libertà d’Italia ed al Perù per qualche tempo parve non pensare.
Costretto ad espatriare per aver preso parte nel 1849 alle vicende della Repubblica Romana, all’alba dell’8 gennaio 1850 s’imbarca su di un brigantino per intraprendere il suo viaggio oceanico verso il Perù. Ha ventitré anni ed il distacco dalla famiglia e dall’Italia è mitigato dal desiderio di vedere quel meraviglioso mondo tropicale che ha tanto sognato. L’enorme lunghezza del viaggio, quasi sette mesi, i continui scali, una terribile tempesta presso il Capo Horn, non sembrano pesargli. Giunge a Lima il giorno in cui si festeggia l’anniversario dell’Indipendenza e quell’aria di festa gli sembra di buon augurio. Infatti, Raimondi se non troverà nel Perù la ricchezza, troverà il modo di svolgere le sue attività preferite e di crearsi un nome celebre.
Dapprima si deve accontentare di piccoli viaggi nei dintorni della capitale con poca spesa. Deve pensare al pane quotidiano ed inserirsi nella vita cittadina e nel suo lavoro d’insegnante di storia naturale al Collegio dell’Indipendenza, diventato poi la Facoltà di Medicina. Le spedizioni vere e proprie cominceranno qualche anno dopo.
Le faticose marce a piedi, attraverso terreni pantanosi, fradici per le piogge continue, non lo scoraggiano. Anzi, un vivo entusiasmo lo coglie nel contemplare i fenomeni della natura e nello scoprire piante ed oggetti nuovi. Superbi panorami gli si presentano dinanzi e, dopo di essi, l’antica città di CUZCO, a 3399 metri d’altezza, su un pianoro della Cordigliera Orientale delle Ande, nella valle dell’Urubamba. Raimondi la chiamerà la Roma d’America. Con ciò intendeva stabilire che le tracce del passato sono più numerose a CUZCO che altrove in America, come a Roma in Europa. Le memorie dei secoli dominano a CUZCO, antica capitale dell’impero Inca, conquistata da F. Pizarro nel 1533. Le rovine dei templi sembrano sorelle delle rocce, dalla terra scavata appaiono vene di metalli preziosi e immagini di divinità dalle forme strane. Le leggende fioriscono come le orchidee in cima agli alti tronchi secolari. Di fronte alla fortezza di CUZCO, oltre il terreno pianeggiante ove i guerrieri Inca si esercitavano nelle arti marziali, si trova, scavato nella roccia come un seggio, il trono degli Inca. Da quel trono l’Imperatore assisteva a cerimonie di guerra e civili. Il Raimondi lo immagina e lo descrive, nelle sue note, con il volto cupo, la benda rossa, che gli cinge la fronte e termina in forma di piccolo turbante sormontato da due piume bianche e nere, appartenenti al misterioso uccello Coraquenne. Indossa un manto cremisi di lana di vigogna orlato d’oro e adorno di gemme, i grandi pendagli d’oro alle braccia, i dischi d’oro alle spalle e ai ginocchi, la collana di smeraldi al collo e sul petto. Visione di potenza e di ricchezza, ma anche di quiete e di saggezza.
Questa storia primitiva incuriosisce il Raimondi, la commozione lo prende al pensiero della tragica fine dell’impero Inca per mano della ferocia spagnola che l’ha travolto. Uomini terribili quei conquistatori! Raimondi continua a scavare, indugia nelle memorie e cerca nelle pietre e nelle opere, nei ruderi e negli scavi, le testimonianze dell’antica vita e dei grandi fatti. Poi, soddisfatta la curiosità storica, soddisfa la curiosità del naturalista. Penetra nelle foreste, osserva le meraviglie della natura, annota quanto vede. La sua vita d’esploratore e di naturalista si delinea in queste annotazioni. Sembra di vederlo sorgere in cammino per le selve e nei deserti del Perù, a cavallo, a piedi, nel fango, sotto gli interminabili diluvi. Cammina lungo la costa, sulla Sierra, tra villaggi sperduti, dove vivono indigeni dagli strani costumi che odiano i bianchi. Cerca di avvicinarli, di rendersi utile, ma non capiscono, si rifiutano d’imparare a scrivere perché la carta è bianca e ritengono l’argilla cibo prelibato. Non esistono limiti alla sua ansia di conoscere e di vedere, non c’è ostacolo che lo fermi. Così per diciannove anni senza sosta, tanto che il Perù non ha più segreti per il coraggioso viaggiatore. Infine, nel 1869, egli prende a Lima stabile dimora. Vuole fissare per iscritto, in una grande opera, ciò che ha veduto e poi intende lavorare alla CARTA DEL PERU’ per rivelare il paese a se stesso ed alla sua gente. Raimondi ha compiuto quarantatré anni e per la prima volta, uomo ormai maturo, sogna l’amore e la quiete della famiglia. Crede di aver trovato tutto ciò in Adelita Loli, ma è soltanto illusione. Il suo sarà, infatti, un matrimonio mancato. La passione per la scienza costringe il Raimondi a chiudersi troppo in se stesso e poi la natura debole e nervosa della moglie, col tempo la porterà ad un vero squilibrio mentale. A questo si aggiungono i disagi e le ristrettezze finanziarie. Spesso il Perù è preda di sconvolgimenti politici ed i governi non hanno denari per pagare gli stipendi ai propri dipendenti. La grande opera di Raimondi, EL PERU’, rischia di rimanere arenata. Il celebre viaggiatore attraversa un periodo molto difficile e triste. Intanto trascorrono gli anni. Il Raimondi ne compie settanta ed ha perduto tutto il suo vigore. E’ rammaricato per le difficoltà che gli ostacolano il compimento della sua opera e che hanno portato al fallimento il suo matrimonio. Soprattutto si preoccupa dell’avvenire dei figli.
A settantaquattro anni la morte lo coglie. Intorno al suo feretro vi è tutta la città di Lima in cordoglio. Manca soltanto una donna, Adelita. Nel torpore della sua mente inferma ella non ha compreso la sua sventura, non sente la perdita dell’uomo che tutto il Perù onora. Il suo amore si è dileguato nel buio come la sua mente.
Lo studioso Ettore Janni nel 1940 ha pubblicato una Vita di Antonio Raimondi – Mondatori Editore, Milano – molto interessante e documentata, nella quale la figura del celebre esploratore e naturalista italiano rifulge della luce più viva.
Lucio Causo